giovedì 18 marzo 2010

Il riduttore di focale

Per la fotografia del cielo profondo, in gergo "deep sky", spesso si ricorre all'uso di sistemi ottici interposti sull'asse ottico del telescopio prima dell'oculare o del sensore di ripresa.

Tali sistemi ottici hanno il compito di diminuire la lunghezza focale del telescopio e quindi di aumentarne sia la luminosità, in termini di rapporto focale F/D dove D è il diametro dell'obiettivo principale ed F la sua lunghezza focale, e l'ampiezza di campo angolare risultante sul sensore o pellicola fotografia. Si ricorda che l'angolo di campo è:

A = 2 (arctg(d/2F))

A = angolo di campo in gradi sessagesimali
d = diagonale ottica del sensore in mm.
F = lunghezza focale obiettivo o specchio primario in mm.

Occorre comunque dire che, in questo caso per luminosità si intende il minor rapporto focale a parità di diametro dell'obiettivo principale, ottenendo lo scopo di diminuire i tempi di esposizione.

Molto spesso si crede, nel caso di osservazioni visuali, che un 300 mm. di diametro dell'obiettivo o specchio ad F10, a parità di ingradimenti, sia meno luminoso di un 300 mm. ad F5.
In realtà, ad esempio a 100x per entrambi, si ha la stessa luminosità al fuoco primario, poichè la luminosità intrinseca di un obiettivo è direttamente proporzionale al suo diametro.
Chiaramente per ottenere lo stesso ingradimento dovremo utilizzare due oculari di differente focale, infatti l'ingradimento al fuoco primario è:

I = F/Fo

I = ingrandimento
F= lunghezza focale obiettivo primario
Fo = lunghezza focale oculare

Riassumendo, e limitandoci alla riprese con sensori ccd o pellicola, l'uso di riduttori focale, sono, in prima approssimazione, consigliati ed usati per rapporti focali superiori ad F8.

La geometria ottica del sistema per ridurre la focale di un obiettivo si esprime con:

1/Fr = 1/Do - 1/Dn    (1)

DnDo = Fr(Dn-Do)      (2)

Fr= lunghezza focale del riduttore
Do= distanza dalla nuova posizione del fuoco (Po)
Dn= distanza dalla posizione originale del fuoco (Pn)

Il fattore di riduzione della lunghezza focale è:

Rr = Do/Dn  (3)

dalla (2) e dalla (3) otteniamo:

Rr = 1 - Do/Fr  (4)

Quindi, variando la distanza Do, si ottiene un valore risultante di riduzione (Rr), ciò significa che l'entità della riduzione dipende dalla variazione della distanza Do, e che il rapporto Rr ha come condizione Rr<1. Nel caso particolare in cui la distanza Do = 0, dalla (4) sia ha Rr=1, siamo al fuoco primario senza alcuna riduzione.
Come esempio, supponiamo di avere un SC di 300 mm ad F10, quindi con una lunghezza focale di 3000 mm., utilizziamo un riduttore di focale, la cui lunghezza focale è di 198 mm., e vogliamo portare il nostro strumento ad fattore di riduzione Rr = 0.48x.
A quale distanza dobbiamo posizionare il sensore per raggiungere la riduzione indicata?
Dalla (4) abbiamo Do = 198 (1 - 0.48) = 102.96 mm. Collocando il piano focale del nostro sensore a 102.96 mm. dalla lente posteriore del riduttore di focale, abbiamo una riduzione di 0.48 della focale primaria, che nel nostro esempio diventa 3000 * 0.48 = 1440 mm pari ad F4.8

Nella pratica, tuttavia, utilizzando il riduttore di focale Alan Gee II (Lente di Shapley), occorre fare delle ulteriori considerazioni, in relazione alla progettazione e geometria del riduttore stesso.

Con il Meade SC ACF GPS da 10" ho inizialmente provato il riduttore di focale della stessa Meade F3.3, verificando immediatamente che tale sistema non poteva essere utilizzato con l'ottica ACF a campo piano, poichè il riduttore introduceva un ulteriore correzione al campo, ed in definitiva l'immagine risultante era decisamente distorta. Il riduttore Meade F3.3 deve essere usato sul precedente modello LX200 senza il trattamento ACF dell'ottica.

A questo punto, dopo alcune ricerche, ho individuato nel riduttore di focale Alan Gee II, il sistema che poteva essere utilizzato con LX200 ACF. 

Tale riduttore è stato progettato per essere utilizzato prevalentemente con telescopi SC a F10 o superiori e collocato direttamente nella culatta del telescopio, alcuni centimeri all'interno del tubo paraluce dell'ottica primaria.

I rapporti focali vanno da F5.9, nella configurazione standard, fino a F3.5, considerando una possibile vignettatura, se si aumenta troppo il campo apparente di osservazione.

Da alcune prove fatte, con il Meade F10 da 10" ACF, sembra che il riduttore Alan gee II dia i migliori risultati con rapporti di focale compresi tra F5.9 e F4.3, producendo una campo corretto ed uniforme.

La dotazione standard comprende alcuni accessori che consentono di montare adeguatamente il riduttore al telescopio. Con questa modalità è possibile utilizzare il riduttore di focale, che in uscita ha un filetto T2, con telescopi dotati anche di focheggiatore.

Il corpo del riduttore è formato di tre elementi: due raccordi filettati di 19 mm. ciascuno ed il corpo lenti di 23 mm.


Nel mio caso ho utilizzato il riduttore con la seguente configurazione:


1) nel focheggiatore ho posizionato un raccordo che in uscita ha una filettatura SC;
2) ho sistemato il solo corpo del riduttore completo di flangia al raccordo SC/T2 in dotazione collegando il tutto alla filettatura SC di 1);
3) al T2 finale ho avvitato un holder T2/1.25" da 15mm. di lunghezza;
4) inserimento (facoltativo) di un diagonale dielettrico e quindi il sensore.


L'utilizzo di un diagonale è stato considerato solo nella situazione di avere una posizione più agevole del sensore nel caso di oggetti con altezze intorno ai 60°/70° per agevolare il cambio dei filtri di ripresa. Si consiglia, tuttavia, che nel caso di riprese a più alta definizione, di utilizzare il sensore direttamente senza diagonali o altri percorsi ottici aggiuntivi.

Di seguito presento alcuni calcoli sperimentali:


a) lunghezza solo corpo riduttore con anello e flangia + holder (15 mm.) al bordo esterno = 58 mm.

b) distanza effettiva dalla lente posteriore del riduttore al bordo esterno dell'holder = 32.5 mm.

c) lunghezza effettiva del percorso sul diagonale = 75 mm.

d) lunghezza raccordi di estensione del riduttore 19 mm. ciascuno

e) ulteriore distanza sensore ccd Meade DSI II PRO B/W con nasetto = 27.3 mm


Un esempio:
b) + c) + e)=134.8 mm = Do

dalla 4) si ha:

Rr = 1 - 134.8/259 = 0.48

quindi il fuoco del telescopio risulta essere spostato verso l'esterno di una quantità pari a :

Dn = Do/Rr = 134.8/0.48 = 280.8 mm

Tale valore va aggiunto alla focale del telescopio per un focale risultante (Fe) pari a F + Dn. Nel caso del LX200 ACF, F= 2500 mm.:

Fe = 2500 + 280.8 = 2780.8

e la sua apertura effettiva diventa Fe/D = 2780.8/254 = 10.9 senza compressione. Con il fattore di riduzione Rr il rapporto focale effettivo diventa:

F10.9* 0.48 = F5.2 = Rr = 0.52

I tempi di esposizione si riducono di un numero di volte pari a = 1/Rr^2.
L'ampiezza della immagine diminuisce di 1/Rr volte, e l'ampiezza del campo aumenta di 1/Rr volte. Nell'esempio 1/0.52^2 =3.7 e 1/.52 = 1.9

Sperimentalmente, ho verificato, che utilizzando il riduttore di focale Alan gee II, dopo il focheggiatore, le possibilità di utilizzo si riducono a rapporti focali compresi tra F5.9 e F4.6, variando opportunamente le distanze, con assenza di vignettatura evidente.


venerdì 12 marzo 2010

La lente di Barlow

Nella fotografia astronomica riferita essenzialmente ai grandi corpi del sistema solare: sole, luna, pianeti, è utile disporre di un accessorio, la lente di Barlow,  estremamente utile, in quanto consente di aumentare sensibilmente le dimensioni dell'oggetto sul rivelatore ccd o altro sensore.
La lente di Barlow viene usata per aumentare la lunghezza focale dell'obiettivo primario ed è una lente divergente. Il suo uso, comunque è strettamente connesso in generale a tre condizioni essenziali:

1) Ottica ben collimata
2) Adeguata risoluzione del sensore.
3) Buone condizioni di trasparenza atmosferica (seeing).

Per i primi due punti, possiamo sempre intervenire direttamente per migliorare, mentre per il terzo punto, purtroppo, dobbiamo affidarci a quelle che sono le condizioni di turbolenza del nostro sito di osservazione, ed attendere il momento in cui l'oggetto e la trasparenza atmosferica sono nelle migliori condizioni per le riprese.

Devo dire che nel mio caso, molto vicino al livello del mare, tali condizioni concomitanti sono piuttosto difficili da realizzare, ed ho stimato, sulla base di ricerche specifiche, che tali situazioni possono verificarsi non più di 15 - 20 volte ogni anno. E' facile intuire che riuscire a riprendere dettagli fini ad esempio dei pianeti maggiori, non è una impresa facile.

Per evitare tali incovenienti è possibile caricare tutto in auto e raggiungere siti a più alta quota ( 700-900 metri), ma ciò non è sempre possibile nel caso di strumentazione pesante ed in assenza di qualcuno che possa darci un aiuto.

Quindi sarà necessario munirsi di una adeguata pazienza e nella maggioranza delle osservazioni cercare un compromesso tra le condizioni atmosferiche e le dimensioni dell'oggetto che si vogliono ottenere.

Le prime esperienze nel 2009 le ho fatte prevalentemente con il pianeta Giove
praticamente visibile per tutto il periodo estivo a sud-sud-est. I risultati sono stati incoraggianti, ma credo si possano ancora migliorare.

Vediamo ora come funziona una lente di Barlow.

Nella figura a sinistra viene presentata una schematizzazione. 
A= obiettivo
B= barlow
Po= distanza originale
Pn= nuova distanza

Due equazioni descrivono tale geometria ottica:


1/Fb = 1/Po - 1/Pn      (1)

Po Pn= Fb(Pn-Po)        (2)

dove Fb = lunghezza focale della lente di Barlow

Il fattore R moltiplicativo della lente di Barlow si esprime con:

R = Pn/Po                       (3)

dalla (2) si ottiene:

Pn = Fb (1- R)                (4)

da cui si ricava il fattore di moltiplicazione R in funzione della distanza PN e della lunghezza focale della Barlow:

R = 1+Pn/Fb                (5)

Senza ulteriori complicazioni, disponiamo degli elementi necessari per i nostri calcoli. Vediamo subito che se le due distanze Pn e Po coincidono, siamo al fuoco primario, quindi senza alcun elemento ottico aggiutivo e senza alcuna focale risultante. Pertanto una condizione essenziale è che R deve essere maggiore di uno (R>1)

Supponiamo ora di avere un telescopio con una focale di 2000 mm. ad F10 ed una lente di barlow la cui lunghezza focale sia di 45 mm. e si voglia ottenere un fattore moltiplicativo pari a 3x, a quale distanza Pn dobbiamo porci per ottenere tale fattore?
Dalla (5) otteniamo:  3 = 1+Pn/45 da cui Pn = 2*45 = 90 mm., ovvero posizionando il nostro sensore (piano focale) a 90 mm. dalla lente posteriore della barlow avremo un aumento della focale primaria del nostro strumento pari a 3 volte, quindi si ha 2000*3= 6000 mm. ad F30.

Personalmente utilizzo una ottima lente di Barlow, della Baader Planetarium, con sistema click-clock, a perfetta centratura in asse, modulare, con accessori che consentono di variare il fattore R da 2x a 4x, a seconda della configurazione impostata. 

La sua lunghezza focale è di 66.67 mm.

Nella configurazione standard come in figura, otteniamo un fattore R pari a 2x. Nella pratica, agganciando ad esempio il nasetto 31.8 del ccd, al sistema click-clock, occorre tener conto che il piano del sensore risulta essere alcuni mm più lontano. In calcoli, per quanto attiene al sensore della DSI II pro B/W, da me utilizato, è necessario aggiungere 25.5 mm. E, quindi nella sua configurazione standard tale lente di barlow, risulta avere un fattore R pari a 2.38X.

Con tubi di prolunga con lunghezze differenti è possibile ottenere tutti i fattori R intermedi fino a 4x. In tal modo ciascuno potrà utilizzare al meglio questa barlow secondo le sue esigenze ed in relazione alla strumentazione ottica in uso.

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